Reflusso gastro-esofageo e gastro-faringeo

A cura di:

Dr. Fabio Cesare Campanile
Specialista in Chirurgia Generale
Diplomate of the American Board of Surgery
Roma - via Flaminia 195
Tel. 06 3227575 - 06 3244245 - 06 3215973
email: campanile@surgical.net
Aggiornato il 19-4-2003
 
 

Introduzione Fino a qualche anno fa il concetto di malattia da reflusso gastro-esofageo coincideva con quello di esofagite; non che non si conoscesse già la potenziale lesività dei succhi gastrici su strutture diverse dalla mucosa esofagea, ma l'attenzione clinica era concentrata quasi esclusivamente sui danni prodotti all'esofago.

La malattia  è estremamente diffusa: studi epidemiologici hanno dimostrato che un terzo della popolazione occidentale presentano sintomi dovuti a reflusso gastroesofageo almeno una volta al mese e che il 4-7% ne è affetto tutti i giorni.  Già molti anni fa uno studioso paragonò la malattia da reflusso gastro-esofageo ad un iceberg nel quale la parte emersa corrisponde ai pazienti i cui sintomi sono tanto severi da ricorrere al medico e sottoporsi ad esami diagnostici, mentre la parte sommersa (che come è noto è di gran lunga la maggiore) corrisponde a coloro che pur soffrendo di tale patologia, non se ne rendono conto oppure non sentono la necessità di ricorrere al medico o fanno uso di farmaci auto-prescritti.

In realtà il reflusso di succhi gastrici  è in grado di dare lesioni e disturbi, non solo a livello dell'esofago (reflusso gastro-esofageo propriamente detto, esofagite da reflusso) ma anche a livello dei distretti otorinolaringoiatrici, in particolare a livello della gola (faringe) e delle corde vocali (laringe), dell'apparato respiratorio (con asma da reflusso e broncopolmoniti da aspirazione) . Parliamo in questo caso più propriamente di reflusso gastro-faringeo o gastro-faringo-laringeo. Inoltre in alcuni casi il reflusso gastro-esofageo è in grado di stimolare un dolore toracico del tutto simile a quello cardiaco, simulando una angina pectoris, e pertanto chiamato "dolore toracico non cardiaco".

La disponibilità di strumenti in grado di misurare il livello di acidità sia a livello dell’esofago che della gola (pH-metria multicanale) ci ha permesso di studiare a fondo le caratteristiche che distinguono il reflusso a livello faringo-laringeo (con i sintomi che ne derivano) dal più noto reflusso limitato all’esofago e di poter perfezionare terapie sempre più personalizzate alla specifica situazione riscontrata in ciascun paziente.

La possibilità di un approccio interdisciplinare ci permette, inoltre di valutare e trattare contemporaneamente tutti gli aspetti della malattia da reflusso.
 

Fisiopatologia del reflusso Con il termine di "reflusso gastro-esofageo" viene comunemente indicato l'anomalo passaggio del contenuto gastrico al di sopra dei confini dello stomaco.

Il nostro apparato digerente possiede dei meccanismi protettivi per contrastare la potenziale lesività dei succhi gastrici.

La particolare mucosa dello stomaco possiede una barriera protettiva, in grado di funzionare fin quando il rapporto tra agente lesivo e difese non viene alterato o per aumento dell'acidità o per danno della barriera protettiva stessa.

La muscolatura dell'esofago presenta proprietà contrattili proprie e un dispositivo muscolare specializzato che prende il nome di "sfintere esofageo primario o inferiore", spesso indicato con la sigla LES (lower esophageal sfincter), situato nella parte finale dell'esofago, che si occupa normalmente di impedire, o quanto meno di limitare, la risalita dei succhi gastrici a livello esofageo.

Il meccanismo sfinterico è infine duplicato a livello superiore (tra esofago e faringe) da una nuova barriera, generalmente pervia soltanto durante la deglutizione e nota come "sfintere esofageo superiore" (UES).

La disfunzione, transitoria o permanente di tali meccanismi di protezione, permette il passaggio di acidi nell’esofago, e, quando anche lo sfintere superiore non funzioni correttamente, fino alla gola o addirittura al naso o ai polmoni.

Brevi episodi occasionali di reflusso limitati alla porzione inferiore dell'esofago si verificano normalmente anche in condizioni fisiologiche, specialmente dopo i pasti, e non hanno un significato patologico, ma quando tali episodi diventano più frequenti e perdurano per un tempo maggiore,  il reflusso da semplice fenomeno fisiologico può divenire causa di malattia.

Il reflusso di succhi gastrici  determina in tal caso lesioni dirette a livello delle strutture non protette, provocando infiammazione e,  modifiche strutturali del rivestimento mucoso. Oltre all'azione caustica diretta degli acidi, non bisogna poi dimenticare la capacità litica degli enzimi prodotti dallo stomaco, che pur fondamentali per la digestione del cibo, sono in grado di arrecare danno anche allo stesso rivestimento mucoso con cui vengono in contatto.

Diversi fattori contribuiscono a facilitare la incoordinazione motoria delle strutture esofago-gastriche e quindi ad aggravare il fenomeno del reflusso che, come abbiamo detto, entro certi limiti è fisiologico; tra di essi il fumo, l'alcol, i pasti grassi, l'obesità, alcuni fattori ormonali ed anche farmaci di comune impiego.

E’ necessario precisare che "ernia iatale", "esofagite" e "reflusso gastro-esofageo" non sono assolutamente sinonimi ed indicano condizioni differenti.

La presenza di un'ernia iatale, ovvero il prolasso del fondo dello stomaco attraverso il diaframma è spesso descritta in associazione con la malattia da reflusso  ma accanto a pazienti con ernia iatale e malattia da reflusso esistono pazienti con ernia iatale ma senza reflusso ed altri con reflusso senza ernia.

Per "esofagite" indichiamo una condizione patologica dell’esofago caratterizzata da alterazioni del rivestimento mucoso e generalmente causata dal reflusso. La diagnosi di certezza dell’esofagite viene effettuata con l’esofagogastroscopia. Un paziente può avere reflusso anche senza che questo comporti necessariamente lo sviluppo di una esofagite.

Grazie alla possibilità di monitorare il reflusso con la pH-metria è emerso, dallo studio dei pazienti afferenti presso il nostro Centro come il reflusso sottostante le patologie "alte", faringo-laringee, si presenti per lo più con caratteristiche differenti da quello connesso all’esofagite ed ai sintomi esofagei (pirosi o bruciore retrosternale, senso di peso al petto) che può peraltro essere concomitante.

Spesso infatti i sintomi faringo-laringei sono da ricondursi  ad episodi di reflusso in posizione eretta quando a causa della forza di gravità l'esofago subisce solo il "transito" veloce della secrezione acida mentre le aree faringo-laringee vengono a contatto con il contenuto refluito dallo stomaco per un tempo più prolungato a causa della loro particolare conformazione anatomica che impedisce che, una volta superato lo sfintere superiore, l’acido possa ritornare a ledere l’esofago, mantenendo invece la sua carica lesiva per un periodo più prolungato a livello della faringe e della laringe.

Irritazioni della faringe (così come delle corde vocali, della trachea, dei bronchi) possono inoltre verificarsi anche per minime quantità di reflusso acido mentre lo sviluppo di una esofagite necessita di una esposizione più prolungata e frequente.

Reflussi insufficienti per dare esofagite o comunque sintomi tipici esofagei possono quindi provocare alterazioni a livello di faringe e laringe, la cui mucosa sarebbe addirittura più delicata di quella esofagea, e pertanto sensibile anche a singoli episodi di reflusso che siano in grado di raggiungere questi organi; in questo fenomeno, come già visto, potrebbe anche essere implicata una disfunzione dello sfintere esofageo superiore.

Queste considerazioni rendono ragione del fatto che sia possibile una faringite o laringite da reflusso anche in assenza di qualsiasi sintomo "tipico" esofageo. Spesso quindi il paziente non è cosciente del reflusso faringeo il che rende più importante il sospetto clinico da parte dello specialista.
 

Sintomi e patologie che possono riconoscere come fattore in causa il reflusso I disturbi  che possono riconoscere il reflusso quale causa, e che possono quindi giovarsi di un trattamento in tal senso, sono numerosi.

I vari sintomi e patologie di seguito descritti possono presentarsi isolatamente o associati tra loro.
 

I sintomi "tipici"

Sono stati definiti "tipici" del reflusso gastroesofageo i più comuni sintomi gastroesofagei di questa affezione, in contrapposizione ai sintomi "atipici" che sono quelli oro-faringei, laringei, bronchiali, toracici ed in generale non direttamente legati all'azione del reflusso sull'ultimo tratto dell'esofago.

I sintomi "tipici" sono la "pirosi" un senso di  bruciore nella parte alta dell'addome (quella che chiamiamo "epigastrio" e che comunemente è detta "bocca dello stomaco") e nella parte bassa del torace (che chiamiamo zona "retrosternale" perchè è riferita al di dietro dello sterno) che va verso l'alto e che talvolta assume il carattere di un vero e proprio dolore, e i rigurgiti di materiale acido o alimentare.

Spesso a questi due sintomi se ne associano altri più sfumati come la nausea, il senso di tensione epigastrica, il senso di sazietà precoce.

Il fatto che questi sintomi siano denominati "tipici" non ci deve far pensare che non si abbia un reflusso gastroesofageo se non si hanno questi sintomi, al contrario, come vedremo spesso la malattia da reflusso si manifesta in loro totale assenza e questo contribuisce al fenomeno dell'iceberg descritto in introduzione.

Faringite cronica (mal di gola ricorrente)

Si tratta di un disturbo estremamente frequente, erroneamente ritenuto di natura infettiva e generalmente trattato, con scarso successo con terapia antibiotica. Le infezioni batteriche della faringe sono invece estremamente rare, se si escludono le vere e proprie tonsilliti acute che si manifestano con forte dolore, difficoltà a deglutire, placche e febbre. La faringite si presenta invece tipicamente con bruciore di gola quale unico sintomo isolato.

Nonostante altre cause siano certamente da prendere in considerazione, quali la respirazione orale abituale, a causa di una concomitante ostruzione nasale, o le infezioni virali,  il reflusso è spesso causa di questa affezione.

Sebbene quindi singoli episodi di breve durata possano essere agevolmente trattati senza necessità di ricorrere allo specialista, la persistenza prolungata di faringite o l’eccessiva ricorrenza degli episodi merita una indagine più accurata per diagnosticare, valutare e trattare il probabile reflusso sottostante.

Ipersecrezione catarrale e scialorrea (eccesso di saliva)

Si tratta di disturbi spesso riconducibili ad un reflusso sottostante, in grado di determinare col tempo un aumento della secrezione mucosa a livello delle vie aero-digestive superiori od una eccessiva produzione di saliva. Uno dei sintomi più caratteristici connessi all’ipersecrezione catarrale è il frequente bisogno di "raschiare" la gola.

Possiamo ipotizzare che l'aumentata produzione di saliva sia una sorta di meccanismo di difesa messo in atto dall'organismo nei confronti del reflusso: una maggior quantità di saliva in qualche modo "lava" e ripulisce la mucosa esofagea dall'acido. Allo stesso meccanismo potrebbe essere riconducibile il frequente riscontro di aerofagia e di distensione addominale o eruttazioni in questi pazienti: l'azione di "lavaggio" in questo caso verrebbe messa in atto mediante la deglutizione involontaria di aria.

Senso di corpo estraneo (bolo) e senso di contrazione in gola

Per anni attribuito esclusivamente a cause psicologiche (veniva denominato "bolo isterico") questo disturbo è in realtà determinato dalla contrazione spastica della muscolatura faringea (mm. cricofaringei) in risposta ad un effetto irritativo o infiammatorio legato al reflusso.

Anche eventuali forme di transitoria disfagia (difficoltà di deglutizione) possono riconoscere un analogo meccanismo sottostante.

Bisogna però riconoscere che questo tipo di manifestazione del reflusso è in effetti (da ciò forse la precedente attribuzione a cause psicologiche) frequente soprattutto in persone particolarmente ansiose, sebbene il disturbo regredisca quasi sempre con l’idonea terapia.

Laringite cronica ed altre patologie delle corde vocali

Oltre a sintomi transitori il reflusso abituale può portare allo sviluppo di vere e proprie alterazioni croniche delle corde vocali, quali la laringite cronica, soprattutto nella variante di tipo edematoso (edema di Reinke) caratterizzata dal rigonfiamento delle corde vocali, ma anche polipi o alterazioni di tipo leucoplasico che possono degenerare nel tempo anche verso un carcinoma.

Ricerche effettuate da numerosi autori hanno dimostrato come le recidive di tumori della laringe siano più frequenti in pazienti con reflusso non trattato, e come questo, ad un attento studio, si riveli presente in molti pazienti affetti da questa patologia.

D’altronde i due principali fattori di rischio del cancro della laringe (fumo ed alcool) sono anche considerati fattori predisponenti il reflusso e quindi diventa difficile negli studi epidemiologici riconoscere quanto, nell’evoluzione del carcinoma, sia legato all’azione lesiva diretta del fumo e dell’alcool e quanto al ruolo svolto dal reflusso sulle corde vocali.

Un caso particolare è il cosiddetto "granuloma da intubazione". Si tratta di una neoformazione infiammatoria (non è un tumore), tipicamente localizzata al terzo posteriore di una o di entrambe le corde vocali, frequentemente riscontrabile in pazienti che abbiano subito un recente intervento in anestesia generale od un’intubazione protratta. In realtà sappiamo oggi che il granuloma è una tipica lesione da reflusso per la cui formazione l’intubazione potrebbe avere solo un ruolo di stimolo lesivo su una corda vocale già predisposta dal costante contatto con la secrezione acida durante episodi di reflusso gastro-laringeo.

Asma bronchiale ed altre patologie respiratorie

L'associazione di asma bronchiale e reflusso gastroesofageo è ormai ben nota e documentata.

Diversi studi hanno dimostrato che fino al 50% dei pazienti asmatici hanno evidenza di reflusso gastroesofageo alla endoscopia esofago-gastrica o alla pHmetria. I meccanismi proposti sono due: una teoria "da reflusso" e una teoria "da riflesso". Nel primo caso i sintomi respiratori sono causati dall'aspirazione di contenuto gastrico nell'albero bronchiale, nel secondo caso sarebbero invece dovuti ad un riflesso scatenato dal reflusso acido a livello del tratto inferiore dell'esofago. Entrambe le teorie sono supportate da interessanti evidenze cliniche e sperimentali ed è probabile che entrambi i meccanismi contribuiscano all'associazione tra asma e reflusso.

Se è vero che in alcuni casi i sintomi dell'asma coesistono con i sintomi tipici del reflusso, è anche vero che nella maggior parte dei casi i sintomi respiratori sono nettamente predominanti e quelli gastroesofagei ("tipici") sono minimi o anche assenti; questo ci deve indurre a considerare attentamente la presenza di un reflusso gastroesofageo nei pazienti asmatici, soprattutto in coloro che rispondono poco alla terapia anti-asmatica.

Alcune caratteristiche devono inoltre aumentare il nostro indice di sospetto per questa patogenesi dell'asma: insorgenza in età adulta, presenza di tosse, peggioramento con i pasti, miglioramento con la terapia antisecretiva.

Oltre all'asma il reflusso è causa di vere e proprie polmoniti (dette "da aspirazione" perché il meccanismo è  quello dell'aspirazione di contenuto gastrico nell'albero bronchiale) ed è stato messo in relazione anche a bronchiectasie e fibrosi polmonare.

Dolore toracico non cardiaco

Il dolore toracico è di solito vissuto come un sintomo molto preoccupante per la paura dell'infarto cardiaco e della morte improvvisa. E' pertanto indispensabile uno studio volto ad escludere la presenza di patologie cardiache. Una volta eseguite tutte le indagini rivolte alla esclusione di una causa cardiaca di dolore toracico, rimangono però un numero considerevole di pazienti che vengono identificati come portatori di un "dolore toracico non cardiaco".

In larga misura costoro sono affetti da patologia esofagea. Il reflusso gastroesofageo è in grado di dare una sintomatologia dolorosa del tutto simile a quella cardiaca (dolore improvviso, costrittivo, che sembra un peso o una morsa, retrosternale o su tutto il torace, con irradiazione alle braccia o spesso alla gola al dorso e alla mandibola) e può essere addirittura alleviato dagli stessi farmaci che fanno migliorare il dolore cardiaco. In pratica non si può fare alcun affidamento su nessuna particolare caratteristica del dolore per distinguerne l'origine cardiaca o esofagea.

Quando questi dolori siano ricorrenti, e soltanto dopo aver completato l'iter diagnostico cardiologico, è possibile indagare la possibile natura esofagea del dolore ed in particolare la presenza del reflusso esofageo e le sue caratteristiche.

Patologie del naso e del rinofaringe

Sebbene la correlazione tra patologie nasali e reflusso non sia ancora stata documentata con certezza è molto probabile che anche altre patologie quali la rinofaringite, la stenosi tubarica (che può portare ad un risentimento a carico dell’orecchio), l’ipertrofia delle adenoidi, la sinusite cronica, e forse anche la poliposi nasale e l’ipertrofia dei turbinati, riconoscano quale fattore concausale il reflusso eventualmente in associazione con altre cause.

In generale l’azione cronica degli acidi porta all’infiammazione e successivamente all’edema (rigonfiamento) e quindi all’ipertrofia delle mucose e tale meccanismo d’azione potrebbe spiegare il possibile ruolo del reflusso in molte patologie  naso-sinusali.
 

Russamento abituale ed apnee notturne ostruttive. Laringospasmo.

E' frequente l'associazione, nello stesso paziente, tra il reflusso e la presenza di russamento e/o apnee notturne, una situazione clinica riscontrabile in particolare nei russatori abituali. Spesso il paziente si sveglia apnoico proprio in occasione di episodi di reflusso. Tali correlazioni sono state documentate anche in numerosi lavori scientifici pubblicati da altri autori.

La correlazione potrebbe essere determinata dalle modifiche strutturali che si vengono a creare a livello dell'ugola, dei tessuti molli della gola e anche a livello muscolare (muscoli cricofaringei).

Recenti ricerche hanno dimostrato come esista in realtà anche una correlazione inversa tra apnee e reflusso, nel senso che la correzione chirurgica o mediante CPAP (un dispositivo in grado di mantenere pervie le vie aeree durante il sonno) è in grado di migliorare sensibillmente il reflusso, forse grazie alla riduzione della pressione negativa di aspirazione intratoracica.

Il laringospasmo è invece caratterizzato dalla chiusura improvvisa della laringe per spasmo delle corde vocali, si manifesta con un brusco arresto della respirazione, ed è particolarmente frequente di notte e nel bambino sebbene situazioni analoghe possano presentarsi non di rado anche nell’adulto, dove vengono spesso confuse con le apnee notturne, con le quali peraltro, come abbiamo visto, il reflusso può essere correlato.

Per anni si è ritenuto che gli episodi di laringospasmo, non documentabili vista la breve durata del fenomeno, riconoscessero una causa allergica, ma ormai l’importanza del reflusso in tali casi è ben documentata.

Altri disturbi che possono essere causati dal reflusso.

Anche l’alitosi può talvolta essere legata ad un reflusso sottostante sebbene tale fenomeno sia meno costante e possa riconoscere molte altre cause.

Infezioni micotiche del cavo orale (es. infezioni da candida), infine, possono essere favorite dalla modifica del pH del cavo orale stesso determinata da un reflusso gastro-faringeo abituale, sebbene una reale associazione tra queste due situazioni cliniche sia ancora oggetto di studio.
 

La valutazione interdisciplinare del reflusso gastro-esofageo e gastro-faringeo

La valutazione iniziale

Le malattie da reflusso sono infatti  tipici quadri clinici che necessitano di una stretta collaborazione interdisciplinare a causa della molteplicità degli organi coinvolti. L’integrazione di diverse competenze specialistiche garantisce al paziente un approccio più ampio alla propria problematica, ed un trattamento senz’altro più idoneo alla correzione del disturbo o della patologia.

Per questo motivo la prima valutazione deve essere diretta ad identificare tutti gli aspetti della malattia da reflusso che in quel determinato individuo hanno bisogno di essere studiati: identificare i sintomi più rilevanti ma allo stesso tempo far emergere quelli che erano stati misconosciuti fino a quel momento oppure attribuiti ad altre cause. Deve inoltre cercare di escludere che i sintomi riferiti siano in realtà secondari ad altre patologie, magari più rilevanti.

Una volta chiariti tutti gli elementi utili nell'anamnesi e nella visita, è possibile identificare quali siano, tra quelli a nostra disposizione, gli accertamenti diagnostici più utili caso per caso, in modo da rendere l'iter diagnostico completo ed efficace ma allo stesso tempo non inutilmente impegnativo per il paziente.

Solo sulla base di una valutazione completa da parte di chi ha sufficiente esperienza è possibile programmare un corretto iter diagnostico, che si avvalga di tutti gli esami utili alle definizione del quadro e che possa portare ad una terapia adatta ad ogni singolo paziente. Sono invece da evitare valutazioni parcellari che si concentrano su un solo aspetto di questo complesso quadro clinico, trascurandone altri e perdendo di vista la situazione complessiva.
 

La pH-metria: monitoraggio del reflusso

La pH-metria è l’unico accertamento in grado di misurare  con precisione il reflusso e le sue caratteristiche.

Con tale indagine è possibile monitorare il paziente per 24 ore registrando le variazioni di acidità occorse durante un ’intera giornata. Questo studio prolungato permette di individuare gli episodi di reflusso e di definire il loro significato correlandoli con il quadro clinico del paziente, di studiarne la distribuzione durante la giornata e la loro associazione con eventi importanti (pasti, sonno, sintomi).

La  pH-metria è stata tradizionalmente eseguita registrando questi eventi  in un solo punto dell'esofago (situato 5 centimetri sopra lo sfintere esofageo inferiore) poiché le sue finalità erano esclusivamente rivolte alla diagnosi di sintomi gastro-enterologici. Per lo studio del reflusso gastro-faringeo alcuni centri, hanno eseguito l'esame  portando l’elettrodo a livello più alto, ma in tal modo si perde la possibilità di studiare la parte più bassa dell'esofago e di confrontare i risultati con gli standard accettati a livello internazionale.

Il dispositivo portatile da noi utilizzato  (pH-metria multicanale) permette invece la registrazione degli  episodi di reflusso sia a livello esofageo che a livello faringo-laringeo grazie alla presenza di un doppio elettrodo e può essere effettuato ambulatorialmente senza necessità di ricovero.

La metodica prevede l'introduzione di una sottile sonda (2,3 mm) attraverso il naso, che viene portata progressivamente in modo del tutto indolore (in realtà viene praticamente deglutita dal paziente senza alcuno sforzo) fino a livello dello sfintere esofageo inferiore e quindi collegata ad una speciale registratore portatile in grado di analizzare l'acidità a livello dei due elettrodi.

Il paziente viene istruito ad alimentarsi normalmente. L’esame non comporta alcun particolare fastidio se non la sensazione di corpo estraneo (peraltro già presente in molti pazienti con reflusso) che peraltro tende a scomparire od attenuarsi dopo qualche ora dall’introduzione del sondino.

Per tutta la durata della registrazione al paziente viene chiesto di compilare un diario indicando gli eventi più significativi (pasto, posizione seduta, in piedi o coricato, eventuali sigarette, sintomi), la cui valutazione permetterà di correlare gli eventuali episodi di reflusso.

Il paziente non avrà nessun impedimento per tutta la durata dell’esame salvo quello di carattere estetico visto che la presenza del sondino (nella sua parte esterna, che dal naso va fino al dispositivo di registrazione) è ovviamente ben visibile.

La rimozione non comporta alcun problema. Il sondino viene semplicemente "sfilato" senza il benchè minimo fastidio.

La corretta pianificazione terapeutica deriva dall'analisi delle relazioni tra episodi di reflusso e periodi della giornata o posizione del paziente e pertanto riteniamo tale esame estremamente utile anche nei casi di reflusso esofageo già ampiamente accertato o di sintomi eclatanti.

Grazie al corretto inquadramento delle caratteristiche del reflusso possiamo infatti prescrivere terapie differenti a seconda delle diverse situazioni e correlare le modalità del reflusso ai diversi sintomi.

Poiché l'efficacia della terapia è variabile da individuo a individuo ed alcuni hanno necessità di dosi di farmaci superiori alla media, la pH-metria ci permette inoltre di studiare le cause della mancata efficacia terapeutica in pazienti già sottoposti  a trattamenti anti-reflusso, in questo caso è necessario che uno degli elettrodi sia a livello dello stomaco (pHmetria esofago-gastrica).
 

La gastroscopia

La esofago-gastroscopia (di solito chiamata per brevità "gastroscopia" e più nota negli ambienti specialistici con l'acronimo EGDS che si riferisce al termine più completo "esofago-gastro-duodeno-scopia") non è l'esame più sensibile e neppure il più specifico per la diagnosi di malattia da reflusso. Nonostante ciò essa rimane uno dei capisaldi nell'iter diagnostico di questa malattia.

Il suo ruolo non è propriamente quello di diagnosticare la malattia da reflusso ma piuttosto quello di informarci sulla presenza di un danno infiammatorio alla mucosa esofagea dovuto al reflusso patologico e sulla severità di tale danno. Il fatto che, tra coloro che sono affetti da malattia da reflusso gastro-esofageo, solo una persona su due abbia una esofagite all'esame endoscopico non ci deve far sottostimare l'importanza delle informazioni che questa metodica ci può fornire perché la maggior parte delle complicazioni più importanti dovute al reflusso sono legate proprio alla infiammazione della mucosa esofagea.

L'esecuzione di una gastroscopia può pertanto essere indicata per escludere la presenza di altre malattie che possano dare sintomi simili a quelli da reflusso o che siano ad esso concomitanti, per studiare alcune complicanze (come la stenosi dell'esofago o l'emorragia) e per diagnosticare l'esofagite (il 40% di coloro che hanno una malattia da reflusso con sintomi soltanto atipici, come le manifestazioni oro-faringee o l'asma, presentano una esofagite totalmente asintomatica). Inoltre l'EGDS è importante nella verifica dell'effetto della terapia sull'esofagite stessa.

L'esame consiste nella visualizzazione della mucosa dell'esofago, stomaco e duodeno attraverso una sonda introdotta dalla bocca. La metodica  è indolore e può essere eseguita anche in sedazione più o meno profonda eliminando anche il fastidio legato al  passaggio della sonda. Le moderne sonde sono più sottili rispetto a quelle delle generazioni più vecchie, rendendo  l'esame più facile e meno fastidioso, inoltre i moderni sistemi di immagine e video-endoscopia hanno sostituito i precedenti nelle strutture più all'avanguardia e consentono una visualizzazione e documentazione superiori rispetto al passato.

Attraverso la sonda stessa è possibile inoltre effettuare delle biopsie da sottoporre ad esame istologico, fatto che rende a volte insostituibile questo tipo di esame.

La videoendoscopia e la valutazione ORL

La valutazione diagnostica interdisciplinare di una patologia da sospetto reflusso si può anche avvalere di una visita otorinolarinolaringoiatrica e della videoendoscopia delle via aero-digestive superiori mediante fibroscopio flessibile. La procedura è del tutto indolore e viene effettuata introducendo una piccola (3 mm di diametro) sonda a fibre ottiche (dal naso, per prevenire la comparsa di riflessi faringei) connessa ad una telecamera che permette di documentare l’intero esame.

Tale valutazione può essere utile quando in occasione della valutazione iniziale emergano elementi caratteristici dell'interessamento del distretto faringo-laringeo  (reflusso gastro-faringeo). In questi casi può essere richiesta la consulenza di un otorinolaringoiatra.  Oltre all'osservazione diretta di eventuali anomalie a livello delle corde vocali, l'esame permette di riconoscere alcuni segni tipici di reflusso a livello del distretto faringo-laringeo.

Segno piuttosto caratteristico di reflusso è la presenza di una patina bianca a livello della base della lingua e della tonsilla linguale, ma uno dei segni più tipici è rappresentato dall'edema (gonfiore) e dall'iperemia (rossore) della zona posteriore della laringe.
 

L'esofagogramma

Lo studio radiologico dell'apparato digerente è ritenuto oggi poco utile per la diagnosi della malattia da reflusso gastroesofageo. In alcuni casi però uno studio radiografico dell'esofago può fornirci informazioni importanti.

L'esame consiste in una semplice radiografia effettuata dopo aver deglutito una piccola quantità di mezzo di contrasto orale (bario).

L'uso  di questo esame ci consente di valutare pazienti con disfagia (difficoltà ad ingerire cibi) ai solidi oppure ai liquidi e di valutare la presenza di  una motilità anormale o di una stenosi (restingimento) del lume esofageo, spesso complicazione del reflusso stesso, oppure di altre lesioni ostruttive.
 

Approccio terapeutico alle patologie da reflusso La terapia medica delle patologie da reflusso si avvale principalmente di farmaci in grado di inibire la secrezione acida gastrica (inibitori della pompa protonica – omeoprazolo (es. Mepral ®, Antra ®, Losec ®, Omeprazen ®) e derivati (pantoprazolo o Pantorc ®, Pantecta ®, Pantopan ®, lansoprazolo o Lansox ®, Limpidex ®, Zoton ®, rabeprazolo o Pariet ®, esomeprazolo o Lucen ®, Axagon ®, Nexium ®, Esopral ®) solo per citarne alcuni. Altri farmaci che si sono rivelati particolarmente utili sono i cosiddetti procinetici (metoclopramide o Plasil ®, domperidone o Peridon ®,  levosulpiride o Levopraid ®, cisapride o Prepulsid ®), in grado di accelerare lo svuotamento gastrico e di migliorare la motilità dell'apparato digerente.

Alcuni studi hanno poi dimostrato che l'azione notturna degli inibitori della pompa protonica non sarebbe ottimale; per questo talvolta riteniamo utile aggiungere  altri farmaci (es: ranitidina o Zantac ®, Ranidil ®) che avevano dimostrato di essere meno efficaci degli inibitori di pompa ma che in questo specifico uso trovano di nuovo una razionale applicazione.

Un ruolo minore hanno gli antiacidi (Maalox ®, Riopan ®, Magralibi ®, Gaviscon ®, Sucramal ®) che non possono da soli ottenere un risultato terapeutico significativo ma che meritano di essere associati in particolari situazioni.

Chi già è conoscenza del proprio reflusso si stupirà di non trovare quindi farmaci innovativi rispetto a quelli già prescrittigli in passato ad esempio per l’esofagite.

In generale comunque la terapia per la malattia da reflusso è un trattamento di lungo termine. E' importante però notare che la durata della terapia e lo schema posologico adottato devono necessariamente essere correlati alle caratteristiche della malattia emerse dalla valutazione clinica e strumentale che abbiamo delineato più sopra. Infatti uno schema idoneo al trattamento di una lieve esofagite è  inefficace per controllare sintomi e patologie ad esempio a livello della faringe e della laringe  a causa della diversa capacità lesiva dell’acido a livello di queste strutture e della diversa patogenesi di queste lesioni, e colui che ha reflussi prevalentemente notturni si può giovare di una terapia diversa da colui che ha reflussi  nella stazione eretta.
Il concetto nuovo che si vuole trasmettere è quindi che non esiste "la" terapia del reflusso ma che ogni paziente deve essere trattato in modo specifico mirando a correggere la particolare situazione responsabile dei suoi disturbi.
E' importante perciò che la terapia venga adattata alle caratteristiche cliniche e a quelle degli esami strumentali.

Tale atteggiamento ci permette spesso di risolvere situazioni in cui una terapia anti-reflusso empirica sia già stata tentata e non abbia sortito un beneficio apprezzabile.

Nella maggior parte dei casi un primo trattamento prolungato  e personalizzato come sopra descritto, riesce ad ottenere un controllo duraturo dei sintomi e la regressione della patologia infiammatoria.

In altri casi, fortunatamente più rari, e non prevedibili in anticipo, la sospensione della terapia comporta la  ripresa del disturbo immediata o a distanza e si deve perciò considerare il ricorso ad un intervento chirurgico volto a creare modifiche anatomiche tali da impedire il reflusso stesso.
 
 

 Una nota di cautela
Il carattere divulgativo di questo documento mi ha indotto a semplificare linguaggio e contenuti al fine di spiegare concetti importanti su una malattia estremamente diffusa, ad un pubblico il più generale possibile.

Questo può far sembrare che la malattia da reflusso gastro-esofageo e gastro-faringeo sia banale e semplice da trattare. Al contrario queste forme morbose sono complesse e  riservano ancora, a specialisti e ricercatori, molti lati oscuri e aspetti sui quali la ricerca prosegue costantemente e  la clinica si confronta quotidianamente.

Volutamente non mi sono addentrato nell'analisi di questi aspetti. La trattazione dell'iter diagnostico e della terapia è dichiaratamente indicativa e non approfondisce argomenti interessanti ed importanti come il ruolo di metodiche diagnostiche meno comuni (scintigrafia gastrica, manometria  per la valutazione della motilità esofagea, metodiche per la valutazione del reflusso duodeno-gastrico e del contenuto di bilirubina nel reflussato, ecc.), i problemi diagnostici e terapeutici connessi con il reflusso non acido, i rapporti con l'infezione da Helicobacter pylori, i problemi di diagnosi differenziale con altre malattie (ulcera peptica, gastrite, calcoli della colecisti, colecistopatie disfunzionali senza la presenza di calcoli, esofagiti chimiche e da farmaci e tante altre).

E' però evidente che il team specialistico che tratta la malattia da reflusso non può prescindere da tutto ciò e deve essere a suo agio con tutti gli aspetti di una condizione clinica tutt'altro che banale e che non consente alcuna superficialità richiedendo al contrario competenza, attenzione scrupolosa ai dettagli ed un costante aggiornamento scientifico.
 
 

Dr. Fabio Cesare Campanile