Prefazione

La storia di Laura è un documento prezioso, espressivo come un film verità, traduzione del vissuto di una madre e di un padre particolarmente sensibili e consapevoli, di fronte alla nascita di una bambina prematura, ai limiti estremi della possibilità di sopravvivenza. Il documento è completato dalle osservazioni e interpretazioni di un’illustre psicanalista e di un esperto neonatologo che ne arricchiscono il profondo valore umano, con notizie e commenti di ordine tecnico-scientifico.

Come pediatra-neonatologo, che ha assistito per più di quarant’anni in modo attivo e partecipe all’evolversi della Neonatologia ho particolarmente apprezzato questo libro scritto a più mani, perché illustra molto bene alcuni dei problemi che ancora oggi affliggono questa branca della Medicina nel nostro Paese.

Le nuove prassi assistenziali di Terapia Intensiva Neonatale, frutto dei grandi progressi scientifici e tecnologici, hanno permesso di ottenere risultati eccezionali, un tempo inimmaginabili, nella cura del "corpo" di questi bambini. Per quanto riguarda invece la cura della "mente", le conoscenze scientifiche, altrettanto solide e probanti, hanno trovato molta difficoltà ad essere incorporate nelle prassi assistenziali.

Per lungo tempo il neonato è stato considerato come una "non persona", una tabula rasa, incapace di mettersi in relazione col mondo esterno, di percepire, elaborare e ricordare gli stimoli con cui viene confrontato, ivi inclusi quelli dolorosi.

E’ solo negli ultimi vent’anni che il neonato, anche pretermine, si è visto riconosciuto come "persona" a tutto tondo, con i suoi diritti e le sue necessità, primo fra tutti quello di avere vicino a sé i propri genitori. Infatti, come afferma Winnicot, il bambino nelle prime epoche della vita è tutt’uno con la sua mamma e i due rappresentano una diade inscindibile bisognosa di supporto e accudimento. Questa consapevolezza, relativamente recente, non è stata però ancora incorporata e resa operativa a livello capillare nelle routines assistenziali, nelle maternità e nei reparti di terapia intensiva neonatale del nostro Paese.

La storia di Laura, quindi, non mi sorprende: essa ricalca da vicino storie del tutto simili alle quali ho assistito in passato e che ancora oggi mi passano sotto gli occhi. Tutto nasce dalla riluttanza, tuttora troppo diffusa tra medici e infermiere, a riconoscere al neonato la dignità di persona, ai bisogni che ne derivano, e ai genitori il diritto-dovere di partecipare in modo attivo alle sue cure, al suo accudimento, anche in terapia intensiva.

Questo libro ci insegna che molte cose "buone" possono essere fatte, seppure talvolta con qualche difficoltà, purchè vi sia la convinzione, la volontà e l’impegno a tradurre in prassi, spesso molto semplici e banali, ciò che la scienza ci ha indicato da tempo e che i genitori hanno saputo da sempre. Occorre tuttavia liberarsi da alcuni pregiudizi e utilizzare al meglio quelle che io considero le qualità essenziali del medico, dell’infermiera e di chiunque, per mestiere o per missione, si dedichi ad alleviare le sofferenze del prossimo: la pietà, la comprensione, la dedizione, l’empatia e la generosità nel mettere in giuoco anche, e soprattutto, la propria umanità e le proprie emozioni, e non solo la propria professionalità e capacità tecnica.

Ecco perché questo è un libro per tutti: genitori, medici, infermiere, psicologi ed anche amministratori e politici impegnati nel promuovere e proteggere la salute dei nostri bambini.

 

Prof. Marcello Orzalesi
Coordinatore del Dipartimento
di Neonatologia Medica e Chirurgica
Ospedale Pediatrico Bambino Gesù – IRCCS - Roma