ENTEROCOLITE NECROTIZZANTE (NEC)

Si tratta di una grave, e per fortuna, rara malattia del neonato caratterizzata da una necrosi (disfacimento) più o meno estesa di alcuni tratti dell’intestino, con rischio di morte per peritoniti: infezione di tutta la cavità addominale, ed in particolare del sacco, peritoneo, che avvolge le anse intestinali e sepsi (infezione generalizzata).

Fra le cause più frequenti si annoverano le difficoltà respiratorie neonatali (asfissia ed ipossia, ossia gradi diversi di mancanza di ossigenazione attraverso i polmoni).

Questa patologia si verifica più spesso nei bambini che nascono prematuramente. In queste condizioni di ridotta ossigenazione l’intestino può venire fortemente penalizzato: essendo un tessuto meno nobile, almeno a confronto con quello più nobile di tutti, cioè il cervello, subisce l’effetto negativi dei meccanismi di protezione.

Infatti, in condizioni di mancanza di adeguato apporto di ossigeno, i meccanismi regolatori del neonato tendono a mantenere costante la quota di ossigeno destinata al cervello, riducendo il flusso destinato alla periferia, fra cui l’intestino.

La malattia è quindi prevalentemente di origine respiratoria e circolatoria.

Su questi meccanismi spesso si inserisce la presenza di germi, ossia di infezioni da batteri o virus, che peggiorano lo stato di patologia, facendo precipitare gli eventi e riducendo le possibilità di recupero autonomo.

Questi rischi infettivi possono essere amplificati in ambienti ospedalieri (le cosiddette infezioni nosocomiali) nei quali alcuni germi possono gradualmente diventare resistenti, ossia meno vulnerabili all’effetto dei comuni disinfettanti ed antibiotici.

Gran parte dei rimedi si basa soprattutto sulla prevenzione e sull’igiene ambientale. Sia l’una che l’altra richiede ambienti puliti (e facilmente pulibili e disinfettabili), l’adozione di norme igieniche assolute (camici puliti, calzari protetti etc.), un numero definito di persone autorizzate e consapevoli, la possibilità di screenare, ossia fare tamponi colturali, mamme e neonati, e controlli periodici dell’eventuale inquinamento ambientale nelle sale da parto, travaglio e nidi).

Oltre a tutto ciò è richiesta una grossa capacità di intervento sui neonati prematuri, ossia più deboli e più sensibili ad alcuni batteri, altrimenti non particolarmente aggressivi o pericolosi.

L’efficacia di questa capacità dipenderà dalla rapidità dei sospetti diagnostici, per esempio in presenza di perdite ematiche con il meconio o con le feci, e dalla rapidità con cui si saprà instaurare la terapia antibiotica più appropriata.

Nei casi gravi, quando il danno dei tessuti intestinali risulta irreversibile, può essere necessario un intervento chirurgico per asportare il tratto di intestino malato.

La prognosi (ossia la previsione) è tanto più difficile e grave quanto più piccoli i neonati colpiti da malattia, per la minore capacità di reazione di cui sono dotati.

In conclusione, come per molte patologie specifiche dell’ostetricia, anche in questo caso di enterite necrotizzante ci si trova di fronte a dei rischi impliciti, come la prematurità o le ridotte capacità respiratorie neonatali, e ad una possibile amplificazione di tali rischi quando le strutture non presentano condizioni igieniche ed organizzative adeguate.

Queste condizioni richiamano la necessità di un controllo preventivo continuo, effettuato soprattutto dalle direzioni sanitarie, per verificare se le condizioni di lavoro sono veramente tali da consentire una attività ostetrica igienicamente ed organizzativamente adeguata.